Parthenope di Sorrentino: la Musa Stanca che fa riflettere sull’esistenza

A volte senti il bisogno di cadere, a volte, invece, credi che non sia il momento di lasciar andare.

Sulla sabbia dorata di una Napoli anni ‘50 c’è una ragazza, la più bella di tutte. Il suo volto è irresistibile, purtuttavia, sembra distante, spento. Dopo È stata la mano di Dio (2021) Paolo Sorrentino torna a Napoli con Parthenope. Seguiamo la vita d’una giovane (interpretata da Celeste Dalla Porta), seducente come una musa di Saint Laurent, che attrae uomini e donne solo per respingerli con la sua apatia.

La sua bellezza è una condanna, un desiderio, che invece di appagare, consuma e si trasforma in perdita.

Vediamo la sua crescita intrecciarsi in un caotico (a tratti irreale) fluire di eventi, tra amori mai vissuti e l’avvenire di una società spensierata e già persa tra la prosperità e l’incertezza. Importanti gli incontri con il mondo adulto: dal professore universitario Marotta (Silvio Orlando), alle dive del cinema che sembrano affondare in un mare di niente. Personaggi che vivono nella loro nostalgia, ancorati ai ricordi di un’innocenza perduta, a quando erano stati “bellissimi e infelici”.

Con i segni del tempo scolpiti nei volti, si trascinano in un’esistenza svuotata di significato. Non c’è amore, non c’è passione, solo stanze fredde in cui aspettano qualcosa – un lampo di “altro” che nemmeno la celebrità o la chirurgia possono più offrire. Come ombre di ciò che erano, restano secondari persino nelle emozioni, incapaci di viverle per quello che sono, limitandosi a osservarle da lontano: negli occhi degli altri, nei ricordi che lentamente svaniscono.

Il film ci lascia con più domande che risposte:

  • Cosa sono in fondo dolore e malattia?

  • Si può essere ricchi e rimanere poveri?

  • Sappiamo affrontare la solitudine?

  • Cosa significa “vedere” e siamo davvero capaci di farlo?

Usciamo dalla sala con tanti punti interrogativi su crescita, amore e morte, che ci accompagnano dalla nascita all’età adulta, tante frasi ad effetto ma anche tante verità. Ma l’occhio del regista, quello di Sorrentino, non è mai stanco.

C’è sempre vita, c’è la città, c’è San Gennaro, c’è la vedova, il parto, l’adolescenza e il niente.

È Sorrentino.

Scritto da Irene Stanghetta

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