Il Linguaggio Segreto del Mito: a lezione da Baudelaire, Eliade e i Bardi Tibetani | Luna Nuova ♎︎ — Ottobre 2025
Il novilunio è quel punto in cui il disco lunare si annulla alla vista e tuttavia l’energia germina sotto la superficie: è un tempo di raccoglimento e preparazione, «l’intervallo di quiete e potenziale», propizio per mettere a dimora i semi delle più latenti intenzioni.
INDICE
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Prepararsi alla Ruota dell’Anno
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Thich Nhat Hanh e l’arte di non reagire
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Nel silenzio prima del Verbo
A graphic design by Erikas featuring the sculpture Hermanos by Igor Mitoraj
Corrispondenze Segrete
«È un tempio la Natura, dove a volte parole / escono confuse da viventi pilastri / e che l’uomo attraversa tra foreste di simboli / che gli lanciano occhiate familiari»
— Charles Baudelaire, da «Corrispondenze», Les Fleurs du Mal
Nell’incipit della lirica “Corrispondenze”, il poeta Charles Baudelaire, uno dei precursori della letteratura decadente, tenta di esortare ogni persona ad attraversare questa “foresta” per giungere alla Natura, unica Madre dell’essere umano. Il linguaggio evocativo, musicale narra di una corrispondenza “segreta”.
Ma di cosa ci informa? Nel corso del giorno e della notte, nel nostro linguaggio, nei gesti o nei sogni, che ce ne siamo consci o no, ognuno di noi usa i simboli. Essi danno volto ai desideri, stimolano certe imprese, modellano un comportamento, avviano successi o fallimenti. Il novilunio rende più acute queste corrispondenze. L’aria si dispone al silenzio. Gli occhi interni allargano la profondità di campo. L’uomo attraversa ancora la foresta, cercando nei simboli una direzione, alla ricerca di un orientamento.
Ci predisponiamo poi verso un tempo metamorfico e mimetico, che i Celti chiamavano Samhain, i messicani Dios Des Los Muertos e che oggi più comunemente chiamiamo Halloween.
La Luna e il Sole si ritrovano al 28° del segno della Bilancia: un grado-limite che ci parla di un atto terminale, al confine con l’immaginario oscuro dello Scorpione, dove le ombre — quelle domestiche e quelle arcaiche — predispongono la loro schiera di domande, ricorsi, istanze.
In questo spazio, i simboli che lanciano occhiate familiari sono: la Bilancia, la Spada, la misura, la punizione, la giustizia.
Da una prospettiva psicoanalitica, va ricordato che le immagini non sono da intendere come metafore, bensì come funzioni psichiche che agiscono le nostre scelte. Jung, soprattutto nel Libro Rosso (1914–1930), descrive la mente come un paesaggio di immagini archetipiche.
Le figure che vi appaiono — il saggio, l’ombra, la madre, il serpente — sono elementi simbolici che connettono il singolo all’universale. L’esperienza simbolica diventa allora il punto di contatto tra l’uomo e la totalità del suo essere, come nella foresta di Baudelaire: un attraversamento.
Charles Baudelaire
Il Disarmo Interiore
« Non c'è mai stato più inizio di quanto ce ne sia ora / né più giovinezza o vecchiaia di quanto ce ne sia ora. / E non ci sarà mai più perfezione di quanta ce ne sia ora / né più paradiso o inferno di quanto ce ne sia ora. / Sprona e sprona e sprona / sempre la procreante spinta del mondo»
— Walt Whitman, Foglie d’Erba
Nel pensiero del monaco vietnamita Thich Nhat Hanh, c’è un concetto interessante: il disarmo unilaterale (Pratiche di consapevolezza, Terra Nuova). La mente disarmata è quella che non oppone resistenza, che non inveisce di colpo contro l’ingiustizia, né egoicamente scaraventa la propria rabbia, né proietta la propria funzione — di carnefice o di vittima — per mendicare riconoscenza .
Non è facile “disarmarsi”, ovvero diventare padroni della propria reattività interna. Disarmare è un verbo lento. Chiede un addestramento invisibile. L’esercizio dell’arte della sottrazione, che restituisce alla coscienza la sua libertà.
A still from Derek Jarman's 1973 film: Art of Mirrors
Questo principio trova risonanza nel dinamismo tra Bilancia e Scorpione. La Luna Nuova di Ottobre, situata a ridosso fra i due segni, mette in contatto l’equilibrio dell’uno con la profondità dell’altro. La Bilancia rappresenta la proporzione, lo spazio in cui l’Io misura le relazioni. Lo Scorpione introduce la trasformazione, la capacità di attraversare «il grembo fertile e oscuro» dove possiamo macerare rancori, paure, inadeguatezze e passare a un’ottava successiva. Insieme delineano un processo di integrazione: riconoscere il conflitto senza esserne travolti.
Nel contesto del novilunio, il disarmo del sé si traduce in un esercizio di sospensione, dove ci alleniamo a fermare la reazione e ampliare la percezione, affinando l’abilità dell’attenzione pura. La visione è di continuo aggiustamento, simile a quello che richiede il gesto del funambolo.
Ora dunque: piantiamo. Piantiamo l’intenzione di relazioni più equilibrate, di dialoghi interni che non siano sordi ai nostri desideri o colpevolizzanti rispetto a episodi passati. Piantiamo e riconciliamoci, lasciando che questa Bilancia-Scorpione ci porti a far morire ciò che impedisce alla poesia dell’anima di palesarci i suoi segreti linguaggi.
Attraversare il Bardo
«Né bene né male, la morte è racchiusa qui, nel cerchio della vita, tra il sogno e l’attesa; è il riflesso di un’immagine senza tempo venuta a mescolarsi col ritmo dell’universo. La morte è là dove si ravvisano i segni del divenire e attecchisce il perdono. Non distogliere lo sguardo dalla morte e dal suo inganno; seguila senza farti domande, così come accetti il profumo di un fiore o l’albeggiare di un fertile mattino.
Chi non cede ai sogni e alla magia della vita non conosce né morte, né realtà, né conforto. Solo dimenticando potrai morire e rinascere. Non cambiare il mondo: diventa morte, e potrai raggiungere la tua parte immortale. Per scoprire il segreto dell’ignoto occorre attraversarlo, arrendersi alla grazia disarmati.»
— Attraversando il Bardo, documentario di Franco Battiato, 2014
Film Completo disponibile su Youtube
Il Bardo Thödol, conosciuto in Occidente come Libro tibetano dei morti, descrive il momento che segue la dissoluzione del corpo e precede la rinascita. La sua struttura ciclica riflette una concezione del tempo non lineare, in cui ogni passaggio è ritorno e ogni morte è trasformazione.
L’esperienza del bardo è quindi, in senso ampio, la coscienza della transizione.
Questa concezione trova eco nella struttura simbolica del novilunio: l’assenza di luce predispone il ritrovamento della potenzialità originaria. Va infatti ricordato che nelle cosmologie arcaiche il rinnovamento nasce sempre da una sospensione: la notte prima della creazione, il silenzio prima del verbo, il vuoto prima del tempo.
In Il mito dell’eterno ritorno (1949) Mircea Eliade scrive che l’uomo arcaico “non può vivere se non in un mondo sacralizzato”, cioè continuamente rigenerato dal ritorno a questo tempo delle origini (“illud tempus”). È il tempo sacro della ricorrenza, un orizzonte dove l’atto mitico della creazione viene costantemente rinnovato attraverso il rito e che incoraggia il proliferare di nuove possibilità.
Quando la modernità ha reciso il legame con questo tempo primordiale, l’essere umano si è consegnato alla linearità. L’uomo moderno, intrappolato com’è nella storicità, ha perso con la secolarizzazione questo senso di incantamento: uccisi i suoi miti, resta solo in una damnatio perenne dove ciò che è fatto non può essere modificato.
Anche Gilbert Durand, allievo del più noto Gaston Bachelard, prosegue questa intuizione sul piano dell’immaginario, interpretando i simboli come risposte alla paura del tempo e della morte.
Durand individua due grandi regimi simbolici. Il primo, diurno, è quello dell’antitesi: la coscienza cerca di negare il tempo e la morte attraverso il dominio, la luce, la verticalità, l’ordine. Il secondo, notturno, appartiene alla metamorfosi e all’accoglienza: è il regno dell’acqua, della memoria, del ritmo, dove l’angoscia del mutamento si placa nella forma ciclica del ritorno. L’immaginario notturno, incarnando la fine, la integra, e così facendo riconcilia l’uomo con la sua dimensione cosmica.
Per Durand, la funzione dell’immaginario è la seguente: «L’uomo dispone di un potere per migliorare il mondo. Ma questo miglioramento non è più vana speculazione oggettiva, poiché la realtà che emerge al suo livello è la creazione, la trasformazione del mondo, della morte e delle cose in quello dell’assimilazione alla verità e alla vita» (Le strutture antropologiche dell’immaginario, 1960).
Joseph Plateau and Simon Von Stampfer - Phenakistoscopes (1833)
Attraverso il mito, la poesia, il rito, la coscienza costruisce ponti tra il visibile e l’invisibile, convertendo la paura in visione. La nostra epoca, dominata dal regime diurno, tenta invano di demistificare il simbolico, riducendo l’essere a pura cronologia. Eppure, nei momenti di crisi, l’inconscio collettivo riattiva i simboli del regime notturno, richiamando le immagini dell’acqua, del grembo, del buio fertile: tutte figure di rinascita.
Il novilunio appartiene a quest’ultimo. “Attraversare il bardo” equivale allora a passare dal regime diurno della coscienza — fatto di separazione, controllo, razionalità — al regime notturno dell’immaginazione, dove la conoscenza si espande attraverso l’intuizione e la memoria. È un processo di discesa e di ricomposizione: una perdita di orientamento che diviene iniziazione alla totalità.
Nel bardo la psiche riorganizza le proprie immagini: l’esperienza è quella di un sé che impara a non definirsi. Questa coscienza della transizione è il preludio alla riconfigurazione identitaria: la morte simbolica che permette alla vita di riconoscersi sotto forma rinnovata.
Così il cerchio si ricompone: l’essere che attraversa il bardo non si oppone più alla morte, ma la rinscrive come dimensione interna del vivere. Il Bardo è quindi il nome di questo “tra”: l’istante in cui l’essere, per un momento, intuisce la propria infinità e continuità.
Riproduzione riservata © | Scritto da Giuseppina Mendola | Founder di Sintesi Aurea
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