La Voce della Terra: le città possono ancora ascoltarla?


«La rana non si ingozza mai di tutta

l’acqua dello stagno in cui vive»

- Proverbio Sioux


Da ottobre 2024, la Natura ha il suo capo.

Il governo colombiano ha ufficialmente riconosciuto i popoli indigeni come “autorità ambientali”. Un annuncio storico, fatto dalla ministra dell’Ambiente Susana Muhamad alla vigilia della Cop16, la conferenza della biodiversità tenutasi a Cali fino al 1 novembre.  

Ok, ma che significa?

Dopo secoli di incuria, stiamo iniziando a capire che chi ha vissuto in equilibrio con la natura potrebbe avere molto da insegnarci. Restano questioni aperte – l’accesso all’acqua e ai territori – ma il decreto segna un punto di svolta.

Lezioni di sostenibilità da chi c’era prima di noi

Per secoli, abbiamo ignorato chi viveva in armonia con la Terra, convinti che progresso significasse sfruttamento intensivo. Ora vediamo che la loro conoscenza è il nostro futuro. Non si tratta solo di proteggere l’ambiente. Stiamo iniziando a capire che chi ha custodito la biodiversità per millenni ha preservato il legame indissolubile tra l’uomo e la natura.  È un atto di riconciliazione, un riconoscimento che la Terra non ci appartiene, ma ne facciamo solo parte.

«Ci vogliono mille voci per

raccontare una sola storia»

- Apache

Gli indigeni, con le loro conoscenze ancestrali, sono l’esempio vivente di una gestione sostenibile delle risorse naturali. La loro conoscenza, sviluppata in millenni di coesistenza con l’ambiente, non è solo un modello teorico: può essere replicata

E in Europa?

Nell’era della transizione verde, possiamo davvero permetterci di ignorare questi insegnamenti? Soluzioni come l’eco-turismo, le filiere corte e l’imprenditoria sostenibile dimostrano che coniugare locale e globale non è solo possibile, ma necessario.

Rigenerare, non costruire: la città del futuro

Il vero cambiamento sarà convincere chi guida lo sviluppo economico che questa trasformazione non è una minaccia, ma un’opportunità per una crescita diversa,  basata sulla cooperazione con la natura e la comunità e non sul loro sfruttamento. Iniziamo a vedere esperimenti in questa direzione, come il depaving delle città, dove i cittadini stessi rimuovono l’asfalto per restituire spazi verdi alla collettività e contrastare le folli temperature estive, o i progetti di riqualificazione partecipata che coinvolgono la popolazione nel recupero degli spazi pubblici e creano nuove forme di socialità

Come direbbe Renzo Piano, è il momento di “rammendare” ciò che abbiamo, non di costruire nuove periferie. Dobbiamo rigenerare le città a partire dai bisogni delle comunità e dalla cura del territorio.

La strada per il futuro è nella rinascita degli spazi presenti.

E se iniziassimo anche noi a ripensare le nostre città? Se smettessimo di vedere il progresso come una corsa al cemento e iniziassimo ad ascoltare davvero la Voce della Terra per mediare tra le sue e le nostre necessità?

Le recenti esondazioni in Romagna sono solo un segnale di quanto la crisi climatica sia già qui, toccando ogni angolo del pianeta. Come ha detto il climatologo Antonello Pasini: “dobbiamo gestire l’inevitabile ed evitare l’ingestibile” (Presa Diretta, 20/10/2024)

La decarbonizzazione e la glocalizzazione non sono scelte, ma imperativi.

La Terra ha la sua lingua per avvisarci.

La domanda è: sapremo ascoltarla?

Testi e Art Direction di Giuseppina Mendola

Le immagini presenti in questo blog sono coperte da copyright e rimangono di proprietà dei rispettivi autori. La pubblicazione delle immagini non comporta alcun trasferimento di diritti. In caso di contestazioni, vi invitiamo a contattarci per procedere alla rimozione immediata del contenuto interessato. L’utilizzo delle immagini non autorizzato non intende violare i diritti d’autore, conformemente alla Legge 22 aprile 1941, n. 633 e alla Convenzione di Berna.

Indietro
Indietro

Offline™: il nuovo lusso? Perché oggi si paga per spegnere il telefono