Sull’amare ciò che non si può fissare: “La sfocatura” di Sanverinati attraverso la lente obliqua di Barceló


«Siamo stati e siamo una coppia come le altre,

intrisi di paura e incognite,

concentrati a trovare nell’altro qualcosa che è in noi stessi


Ci sono relazioni che restano sfocate non per mancanza di intensità, ma per eccesso di verità. La sfocatura di Simone Sanseverinati, pubblicata da Seri Editore, a partire da questa incrinatura, è un tentativo di raccontarle. Un libro che rifugge la nitidezza — visiva, emotiva, narrativa — per inseguire ciò che vibra fuori fuoco.

Al centro, Mihai e Giulia. Due anime tangenti, che si incontrano in una libreria antiquaria. Due che si cercano e si sfiorano, ma con uno scarto indecifrabile: il volto di lei, per Mihai, resta sfocato. Non è una condizione oftalmica, ma simbolica. Un vuoto visivo che diventa spazio per l’interpretazione, l’ambiguità, il desiderio. Un rapporto che ha la forma del fuoco, della proiezione, dell’abisso.

Il libro si sviluppa come un corpo a due voci: versi poetici e lettere mai spedite. Un’architettura fluida, che fa della forma epistolare un veicolo per dire l’indicibile, per abitare le zone d’ombra del sentire. È una narrativa che avanza, senza costrizioni lineari: tutto avviene in uno spazio liminale, sospeso tra il detto e il taciuto.


Nella prefazione, il poeta e critico catalano Joan Josep Barceló definisce Sanseverinati un «poeta-filosofo» — uno che non si accontenta di mostrare, ma interroga «la ricerca di nuovi modi per raccontare storie ed evocare emozioni, aprire nuove porte creative, esplorare oltre le convenzioni letterarie. Ecco gli incontri sotto la penna del disorientamento».


Joan Josep Barceló i Bauçà (Palma di Maiorca, 1953) è poeta e artista visivo di rilievo internazionale, autore pluripremiato con testi tradotti in oltre 15 lingue. Il suo stile, tra surrealismo e astrazione, fonde filosofia, scienza e arte performativa, esplorando il rapporto tra uomo e futuro tecnologico. Ha collaborato con Filippo Papa e ha esposto in Europa e Asia, segnando una visione poliedrica e innovativa della cultura contemporanea.

Secondo Barceló, La sfocatura è una metafora estesa che si innesta nella tradizione allegorica platonica: come nel mito della caverna, ciò che non si vede può contenere più verità di ciò che è in piena luce. La relazione tra Mihai e Giulia diventa, così, un dispositivo poetico per esplorare la soglia, il non-detto, il visibile che si nega.

 Il testo costruisce il proprio asse narrativo intorno a due personaggi, Mihai e Giulia, che sono, parola di Barceló, «l’asse conduttore affinché possiamo comprenderne il contenuto». Due figure che «sono fuoco, un fuoco che divampa», ma che si interrogano: «bruciamo, ma cosa significa davvero essere parte dello stesso fuoco?».

Il volto che Mihai non riesce a vedere non è un dettaglio narrativo, ma un indice emotivo: un rapporto che si consuma sul limite tra desiderio e distanza. Come scrive Barceló, «lei non ha mai fatto cenno al volto», e questa mancanza di visione diventa allegoria dell’impossibilità di conoscersi fino in fondo. «Nonostante tutto, lui sente di conoscerne il volto».


 L’autore catalano riconosce in Sanseverinati una matrice che richiama il surrealismo poetico di Éluard e Breton, capace di liberare la parola dal peso del senso comune per accedere a un livello altro, onirico e simbolico.


È in questo contesto che si inserisce una delle immagini più potenti:


La poesia qui è strumento e atto di attraversamento. È ribellione silenziosa e dichiarazione d’amore all’informe, all’ambiguo, al non decifrato. Un invito a lasciar cadere la pretesa di chiarezza in favore di una conoscenza sensibile, viva, imperfetta. «C'è un costante ribollire di idee che escono da una scatola ermetica», scrive.


Verso e prosa si fondono, diventano strumenti di un’indagine emotiva e filosofica che scava nei legami umani, nelle mancanze, nell’ineffabile. È una letteratura che, come sottolinea Barceló, «trascende il letterale» per rivelare una verità più profonda, anche se spesso mutevole, sfuggente, obliqua.

La prefazione si chiude con una citazione diretta dal testo, che ne racchiude il cuore e la visione: «Ecco la bellezza dei nostri pensieri, delle vacanze tradite, delle mattinate infelici, dei pranzi banditi e di tutto ciò che narra, ma non viene raccontato». Una frase che è insieme epilogo e dichiarazione.

Sintesi perfetta di un progetto poetico che, senza proclami, ci consegna una verità disarmata: non tutto ciò che conta può essere messo a fuoco.

Eppure, forse, è proprio lì che abita il senso.

Simone Sanseverinati (1992) è laureato presso l’Università degli Studi di Macerata all’indirizzo Storico della facoltà di Lettere, ha partecipato a numerose rassegne ed eventi culturali. Suoi testi poetici sono apparsi su riviste digitali. Alcune poesie sono state tradotte in francese e visibili su “Poétisthme” e “Le Soc“. Ha ottenuto diversi riconoscimenti, tra questi, ha vinto il 1° concorso nazionale di poesia “Poiesis – Under 35” (2016) e la IV edizione del premio internazionale “De Finibus Terrae” - Sezione speciale (2020).


Testi, grafiche e art direction di Giuseppina Mendola | Founder of Sintesi Aurea ©

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