Rosalìa, il sacro e la post-religione: l’operazione culturale di LUX, spiegata bene, tra marketing, simbolismi e rivoluzioni estetiche.
Nel panorama odierno del pop globale, l’uscita di Lux segna un momento di cesura. Rosalía – finora nota per la sua capacità di contaminare flamenco, reggaeton, pop urbano – compie una scelta estetica che sposta il baricentro: non più solo hit impulsive o campionamenti smart, ma una struttura esplicitamente composta, orchestrata, pensata come opera totale. In questa sede, esploreremo le ragioni, i dispositivi simbolici, i meccanismi comunicativi e il tipo di successo – non solamente numerico, ma estetico e culturale – che la cantante spagnola ottiene con questo lavoro.
INDICE
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L’eccellente “disruptive branding” e come Rosalía sabota il proprio mito
La svolta “mariana”: dall’erotismo cyborg al velo bianco
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Da fan a credenti: la Teologia del Fandom.
Dalla reggaeton alla musica classica: il ruolo dell’Opera e della London Symphony Orchestra
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LUX parla di un desiderio che nessuna metrica KPI rileva.
Il genio è oltre l’impero delle metriche
I. QUANDO IL CLUB PIÙ PROIBITO D’EUROPA INCONTRA L’OPERA D’ARTE TOTALE
Ovvero l’eccellente disruptive branding con cui Rosalía sabota il proprio mito e ne costruisce uno ancora più sbalorditivo.
Esiste un club a Berlino dove la fotografia è vietata, l'ingresso negato senza spiegazione, la nudità tollerata e la techno suonata fino al lunedì mattina. Si chiama Berghain. Rosalía ne fa una canzone dall’enorme successo comunicativo.
Il naming funziona come esca cognitiva. Chi conosce il club si aspetta bassi distorti, sintetizzatori acidi. Trova invece violini, voci bianche e un mottetto rinascimentale. Lo shock è calcolato. Se il “Berghain-luogo” rappresenta il sacrario della trasgressione moderna, uno spazio dove il corpo si libera dai codici sociali attraverso la trance della musica techno, il singolo della cantante spagnola inverte ogni aspettativa: la voce si eleva e l'orchestra, coprotagonista, innalza la propria natura di cattedrale sonora.
Magda Polo Pujadas, docente di musica all'Università di Barcellona, identifica in questo movimento un ritorno all’opera d'arte totale.
Un Gesamtkunstwerk wagneriano contemporaneo, in cui musica, mito e mise-en-scène collidono per costruire un’idea più ampia di live, un concept immersivo. L’enfasi è infatti sulla visione artistica, l'innovazione e la serialità immersiva dello storytelling, e non sulla solita formula commerciale del “tormentone” di stagione.
La svolta “mariana”: dall’erotismo cyborg al velo bianco
Lo stesso artwork di LUX parrebbe a prima vista un atto di sabotaggio contro la propria immagine consolidata.
In MOTOMAMI, Rosalía appare nuda con un casco che le copre il volto, a rappresentare la potenza meccanica, il corpo esposto, l’identità celata. L'estetica è quella del post-human, del cyborg glamour, dell'erotismo freddo e avant-garde. Il casco funziona come maschera tribal-futurista, segno di appartenenza a una tribù che rifiuta sia la tradizione sia l’eccesso di mainstream (non per altro alle produzioni c’è ARCA).
In LUX, Rosalía indossa invece un velo bianco, le mani giunte in posizione devozionale, lo sguardo chino. Il riferimento è esplicito: l’iconografia mariana, la pittura rinascimentale, la santità femminile.
Il contrasto con l’album precedente è talmente radicale da poter parlare di vero e proprio lancio nel vuoto se pensiamo alle metriche che la “vecchia Rosalìa” aveva generato: streaming record, TikTok colonizzato, ogni label che sognava di replicare la sua formula.
La cantante sceglie di apparire casta dove era stata sessualmente potente, spirituale dove era stata materialista, classica dove era stata sperimentale.
Questa mossa ha un nome preciso in pubblicità e semiotica dei media: disruptive branding.
Si abbandona volontariamente un posizionamento di successo per occuparne uno che il mercato considera morto o impossibile. Il rischio è altissimo. Ma se riesci a rendere desiderabile ciò che il mercato considerava invendibile, hai creato monopolio su un territorio simbolico vergine.
II. MISTICA & MERCATO
Da fan a credenti: la Teologia del Fandom.
La tradizione trovadorica catalana permea la scrittura di Rosalía, che però la reinterpreta come farebbe invero una donna. I testi di LUX non parlano di amore terreno mascherato da devozione mariana, come facevano i trobadour medievali. Parlano proprio di ricerca dell'assoluto, di tensione verso il divino, di sottomissione alla luce, senza alcuna ironia postmoderna. È un tentativo riuscitissimo di tradurre un sincero misticismo (dal pathos tipicamente spagnolo) in linguaggio post-pop.
Questo pone un intrigante quesito: come si commercializza l'ineffabile?
La musica pop esiste per essere consumata, condivisa, trasformata in accessibilità immediata. La mistica esiste per sottrarsi al linguaggio, per creare un'esperienza non mediabile e non per tutti. Rosalía tenta quindi una sintesi temeraria: creare un disco con un’orchestra sinfonica e traghettare dallo streaming all’immaginario della preghiera.
Via @holarosalia
Il linguaggio dei fan si modifica di conseguenza. Non si tratta più di ascoltare Rosalía ma di credere in lei.
In questo nuovo contesto, la strategia è duplice.
Da un lato, usa tutti gli strumenti del pop: rollout orchestrato sui social, teaser visivi criptici, merchandise studiato, featuring da paura, svuotandoli però di ogni cinismo (è finito il tempo di Charlie XX e la sua brat era, di cui però riprende il successo virale del lettering).
Dall’altro, mima le dinamiche religiose: attesa messianica dei nuovi brani, interpretazione collettiva dei simboli, i concerti come rituali a teatro, le interviste che assumono tono da confessione pubblica.
Ogni elemento della macchina promozionale viene risemantizzato in chiave teologica.
Inoltre chiamare la London Symphony Orchestra per registrare un album nel 2025 è un gesto di fortissimo impatto perché dimostra che esistono alternative al paradigma laptop-producer che domina la musica urbana. E non è da sottovalutare ora che in gioco è entrata una nuova protagonista: l’AI.
Quella di Rosalìa trentenne è dunque dichiarazione di poetica all’intero music system ma pure allo Zeitgeist del tempo.
Frames from Berghain
Dalla reggaeton alla musica classica: il ruolo dell’Opera e della London Symphony Orchestra
L'orchestra è per sua natura lenta e gerarchica: richiede competenze secolari, costa cifre che solo le major possono permettersi. Ma soprattutto sceglierla oggi significa dire: “Voglio complessità. Voglio profondità storica. Voglio che ogni nota costi fatica umana”.
Polo Pujadas nota come questa scelta riconnetta Rosalía alla grande tradizione operistica spagnola, quella che da Falla a Rodrigo ha cercato di tradurre l'anima nazionale in forme colte. L’orchestra è usata come ponte tra tradizioni: il flamenco incontra la polifonia rinascimentale, la copla si fonde con l'oratorio barocco, il cante jondo dialoga con il requiem classico.
Quale producer contemporaneo avrebbe proposto questo? Nessuno. Perché i producer oggigiorno pensano in termini di efficienza: quanti beat per sessione, quale drop funziona su TikTok, come massimizzare la shareability.
Eppure l’Orchestra funziona. Funziona perché il pubblico è stanco dell’equivalenza universale dei suoni, della compressione dinamica che rende tutto ugualmente piatto, della produzione seriale che trasforma ogni brano in variazione dello stesso template.
L'Orchestra offre quello che la produzione digitale non può dare: sorpresa timbrica, dinamica reale, presenza fisica del suono. E infatti l'Orchestra permea il video di “Berghain”, seguendo Rosalía in ogni passo, a dimostrazione che il suono sinfonico rappresenta l'anima stessa del brano. Un’anima mundi che parla tredici lingue.
III. IL POST-POP, LO ZEITGEIST E UN’INTERA INDUSTRIA MESSA ALLO SPECCHIO
LUX parla di un desiderio che nessuna KPI rileva.
LUX è un album anacronistico e proprio per questo ultracontemporaneo. Anacronistico perché usa forme musicali che il mercato considera morte: mottetto, oratorio, messa polifonica. Contemporaneo perché oggi, nell'era del “tutto&subito” digitale, ibridare le opzioni ci insegna come essere sovversivi.
L’industria musicale ha passato vent’anni a ridurre la durata media dei brani, a concentrare gli hook nei primi dieci secondi, a eliminare introduzioni e ponti.
Sono scelte che dimostrano quanto gli A&R abbiano smesso di capire il funzionamento del desiderio umano, elevando i dati a dogma, pur sapendo che questi non sempre si concretizzano nella realtà dei biglietti venduti. Da Cultural Strategist posso affermare che esiste, nel pubblico, una fame di complessità che nessuna metrica rileva. Esiste il desiderio di una musica che non puoi consumare mentre scrolli Instagram, che richiede attenzione attiva e si sottrae alla fruizione distratta. Esiste quindi nella realtà delle sale che viviamo con i nostri fremiti e il nostro sudore la nostalgia per un rapporto con l’arte che non è possibile mediare da algoritmi e KPI. LUX intercetta questo desiderio indicibile.
Via @holarosalia
Il rischio era immenso. Rosalía aveva costruito il suo successo internazionale su brani come “La Fama”: reggaeton contemporaneo, collaborazioni strategiche, produzione che parlava la lingua globale della trap-pop. Abbandonare questa formula dopo averla perfezionata richiede veramente una fede nella propria visione, al di là di ogni energivora dipendenza da classifica.
Dal mio punto di vista, gli artisti che lasciano traccia nella storia sono quelli che tradiscono le aspettative del loro pubblico per rispondere a domande che il loro tempo non sta ancora formulando. In questo senso, Rosalía sta scommettendo che la domanda di trascendenza, di sacro, di assoluto tornerà a essere centrale.
Questo ha un effetto amplificatorio sul coinvolgimento, è un modo per materializzare un’adesione che è prima di tutto interiore.
Madonna e Rosalìa a confronto
Tale dinamica ha precedenti nella storia della popular music. Madonna aveva giocato con l’iconografia cattolica ma in chiave provocatoria, critica, desacralizzante. Kanye West aveva costruito un immaginario cristiano ma carico di contraddizioni, mescolando gospel, egocentrismo e fanatismo. Rosalía toglie l'ironia e toglie l'ego. E apre uno spazio puro. Lo fa in un'epoca dove tutto è citazione della citazione, dove l'ironia è obbligatoria se si parla di profondità e dove l'emozione diretta è considerata naïve.
Rimane il misticismo di una femminilità senza tempo, consapevole delle madri che l’hanno preceduta. È qui che entra in campo Björk: evocata in forma aviaria, simbolo di una relazione profonda con la madre primigenia: la Natura.
Il genio è oltre l’impero delle metriche
Cosa ci insegna tutto questo? Che l'innovazione muore non perché mancano artisti visionari ma perché scarseggiano strutture disposte a supportare le loro visioni.
LUX dimostra che le vanity metrics sono cattive consigliere e che le carriere più celebri non sono mai lineari: sono arcipelaghi di scelte mature che spesso rompono con la previsione. Nessun dato avrebbe suggerito di abbandonare il reggaeton per l'oratorio, di sostituire i producer trap con un'orchestra sinfonica, di passare dall’estetica cyborg all’iconografia mariana. Eppure l'album sta generando un dibattito culturale di livello superiore a qualsiasi precedente lavoro di Rosalía. Non solo streaming e views. Analisi accademiche, articoli su testate che raramente parlano di pop, conversazioni che escono dai confini del music journalism.
Via rosalia.tv
La lezione non riguarda solo Rosalía. Riguarda il rapporto tra arte e commercio, tra autorialità, espressione artistica e logiche di mercato. Gli artisti che lasciano un segno sono quelli a cui viene concesso di sbagliare, di contraddirsi, di percorrere strade apparentemente suicide. Sono quelli supportati da strutture che credono nelle loro ossessioni più che nei loro numeri.
Il successo comunicativo di LUX sta nel dimostrare che un altro modo è possibile. Che si può abbandonare una formula vincente per inseguire un'intuizione. Che il pop può essere anche ambizioso, complesso, misterico e trascendere ogni prevedibilità. Che c’è un target adulto, curioso, emotivamente vigile, stancatosi del cinismo imperante o del trittico soldi-sesso-successo senza spirito. Non lo rilevano gli analytics, ma esiste. E quando un’artista lo intercetta, si apre un mercato inatteso.
LUX indovina questa effervescenza e scrive di un tempo che ha tutto fuorché senso del sacro e proprio per questo ne ha disperato bisogno.
Riproduzione riservata © | Scritto da Giuseppina Mendola | Founder di Sintesi Aurea
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