Il Teatro della Natura al Danae Festival 2024: il fascino dei giardini rituali


FINAE di Olimpia Fortuni

“Fine” di Olimpia Fortuni non racconta. Sconquassa, vibra tra immagini e frammenti. È teatro come rito, dove la parola si frantuma per lasciare spazio a qualcosa di più arcaico. La scena è un’anticamera buia, di infanzia e di incanto. È un labirinto dove i suoni si fanno immagini – piccoli glitch, sospiri di presenza che arrivano e spariscono. C’è un televisore spento, custode muto di un presente che sfugge, suoni che rimbalzano tra le pareti come echi di qualcosa che è stato o che forse non è mai esistito.

Cut the chord

Il rintocco di un gufo segna il passaggio: dall’infanzia all'adolescenza, un’età che è tensione, spinta. In sottofondo, i Nirvana.  La performer è sola nell’algida stanza:

Are we human or are we dancers?

Inizia la danza, movimento che rompe ogni schema, una ribellione istintiva contro la fissità del pensiero. E da qui si apre un archivio invisibile, antico. È un richiamo, forse una preghiera, al silenzio che riempie la scena come un’entità materna, potente e spaventosa.

Fortuni, come sacerdotessa

conduce un rito di passaggio verso il mondo. Il corpo diventa uno strumento di trasformazione, la pelle un limite da rompere. Da un lato, il rinvio all’Eden, quel giardino d’infanzia dove tutto era sospeso, protetto. Dall’altro, un mondo che attende, duro e glaciale. Il fuoco e il ghiaccio, simboli di separazione e alienazione, si alternano senza tregua; è l’incontro con il dolore, con l’imperfezione di essere umani. La felicità e la pena, qui, sono due lati della stessa moneta.

La Madre Celestiale

appare, sfumata, nella marcia delle ombre. È presenza che racchiude e assorbe, una forza che collega l’umano al cosmico, una linea che va dall’inizio alla fine senza mai chiudersi. Il Cerchio. Fine è anche confine: un limite, un velo sottile che divide e unisce. Qui, l’artista ricerca l’armonia che solo il distacco può concedere, quella che emerge quando il sé finalmente si conquista.

Cosa siamo rispetto al tutto?

Le tracce di spiritualità, la presenza evocativa del fuoco, la sacralità che pulsa nei dettagli – sono tutti elementi che invocano un ritorno alle radici. “Fine” apre una porta sul vuoto e sul sogno,  e ci invita a perderci nel tempo e nello spazio.



PERIPATETICHE DELL’ASCOLTO di Fabrizio Saiu

Cosa accade quando, invece di vedere, cominciamo ad ascoltare davvero?

Domenica, Parco Nord di Milano. Con “Peripatetiche dell’ascolto” si cammina e si ascolta. È teatro? È antropologia? È il suono della vita che riemerge tra le pieghe di un silenzio a cui siamo disabituati. Nessun palco, nessuna finzione. Solo microfoni e cuffie per restituire ai nostri sensi il paesaggio: rami, vento, passi. Diventiamo spettatori di un concerto nascosto, attori di un rito antico.

Forse si tratta proprio di questo: un rituale che dà spessore al silenzio, che lo trasforma in una presenza, in una coscienza che ci sfida.

Le antiche culture chiamavano il sacro col suono – tamburi, canti, riti.

Noi ci affidiamo a un cammino, su vie che ci insegnano il rispetto per la terra sotto i nostri piedi.

In un mondo ipervisivo, può il suono ricostruire il legame originario? E il teatro, così vissuto, può restituirci alla natura e alla sua essenza primigenia?  

L’esperienza culminerà in un live set: suoni naturali ed elettronici insieme, come se respirassero per aprire un varco, all’unisono. Ci ritroveremo a uscire da questa immersione forse diversi, con una percezione più nitida di ciò che ci lega agli altri e al paesaggio.


Il silenzio è cosa viva— Chandra Candiani


Scritto da Giuseppina Mendola

Crediti:

Concept e danza Olimpia Fortuni sound Katatonic Silentio con il contributo umano e artistico di Milena Costanzo e Raffaella Giordano apporto drammaturgico Cinzia Sità assistente di scena Elisa Spina direzione tecnica Silvia Laureti produzione Ass. Sosta Palmizi coproduzione Teatro delle Moire/Danae Festival, Fabbrica Europa con il sostegno residenziale di IntercettAzioni – Centro di Residenza Artistica della Lombardia, Olinda/TeatroLaCucina, Danza Urbana – Rete h(abita)t/Sementerie Artistiche ringraziamenti a Corinna Ciulli per le pratiche sciamaniche e a Pieradolfo Ciulli per l’assistenza video durante il processo creativo.

Ideazione, conduzione Fabrizio Saiu foto Stefano Bonusi.

Indietro
Indietro

Circe: distillando il segreto della terra con Chiara Salvucci a MTM